Bastardi con gloria

15.02.2013 01:31

"Io non scalo le montagne. A me piace solo bere, fumare e ordinare al ristorante" (da Bastardi Senza Gloria)


Io e la violenza abbiamo un rapporto conflittuale.
La mia linea teorica in merito alla violenza fatta come tale e non, quindi, tra adulti consensienti, è utopica, cristiana (nel senso di "porgi l'altra guancia") e, ben intenzionata. Però, come sappiamo quasi tutti, le mie buone intenzioni non hanno mai il carattere di definitive.
Ma chi sono io per non, almeno impegnarmi, ad applicare la teoria? Con risultati a volte decenti, a volte molto no.
La violenza, per la linea teorica di cui dicevo prima, è un basso istinto animale, da condannare senza eccezioni. Se ammazzano tuo figlio (padre-madre-marito-amante) non puoi pensare che sia giusto ammazzare chi lo ha ammazzato. Puoi pensare che sia un normalissimo istinto, questo sì, puoi pensare che ti piacerebbe, forse, sì, ma tutto ciò con la giustizia non c'entra molto. E tutto ciò dovrebbe rendere ben chiaro il mio dissenso su quella barbarie della pena di morte. La gente si educa, non si toglie di mezzo.

E questa è la bellissima linea teorica. Mi congratulo da me per l'efficienza.  

Stasera, indecisa tra il non vedere San Valentino passato da mediaset e San Remo passato dalla rai, ho scelto di guardare un non tanto vecchio Trantino: Bastardi Senza Gloria. 
Mi è piaciuto poco meno di Sin City, che resta, a mio modesto avviso una pietra miliare e molto più di film, come Django, che ho pur sempre apprezzato. Scorrevole, senza tantissimi spargimenti di pomodoro e molto mentale. Il nazismo è una questione mentale, ma gran parte dei film che ne trattano se la dimenticano spesso. Tarantino no: riesce a sottolineare con un'espressione, con una sola battuta, con un solo movimento di camera che cosa ci sia di mostruoso. 
La pianto, ma sono rimasta colpita. Sarà anche colpa, per questo colpo, delle parole che avevo letto, qui e lì e niente di serio, abbastanza negative. Me lo aspettavo difficile, un film da dover digerire. Invece, dirò, si incastra a meraviglia nella mente, senza toccar lo stomaco. Almeno a me.

Solo che mi ha scatenato un bruttissimo dilemma morale. E lo dico come se la morale, poi, fosse una roba statica.
Può mai essere che la violenza, come molte delle cose di questa realtà, sia flessibile a gradi e sfumature? E molto di più: è mai possibile che la violenza possa apparire "bene" se, e solo se, supportata da un utilizzo di buon senso?
Il buon senso, per me, più della cultura, dell'educazione è la valvola che distingue una persona "bene" da una persona "male" (quanto poco relativismo, lo so!). Ma l'ho messa statica tanto per metterla chiara (che di solito sono troppo contorta). Il buon senso, in tutte le cose, è direttamente proporzionale a quanto una persona mi sembra "bene".

Ma dov'ero? Ah sì, al dubbio morale suscitatomi da Tarantino con Bastardi Senza Gloria.
Io non ho, mentre vedevo, pensato di condannare quella violenza. Questo è il fattaccio. La violenza che i "bastardi" (un piccolo gruppo di soldati ebrei distruggi nazisti) applicavano sui nazisti, a tratti anche brutale, mentre guardavo, non mi ha generato nessun particolare turbamento.

Ho, per esempio, provato quel certo fastidio di "star guardando violenza" quando il tenente dell SS costringe la bellissima biona Shoshanna (la, direi io, protagonista femminile del film -nell'immagine sopra), con la gentilezza di chi sembra le stia facendo un bellissimo regalo, a intrattenersi con lui, a mangiare la torta che lui ha ordinato per lei, a fumare le sue tedesche sigarette, assolutamente tedesche. Invece, non ho provato un minimo di fastidio a veder nazisti ammazzati con mazze da baseball o a veder scapi nazisti estirpati col coltello.
Peggio! Ho persino provato un certo gusto a veder alcuni nazisti (quelli che, alla fine, decidevano per salvarsi la pelle di collaborare coi bastardi) marchiati, sempre tramite coltello, con una svastica sulla fronte: perché così, anche togliendosi la divisa delle SS tutti avrebbe saputo che feccia fossero. Vi dirò che anche attuamente il mio pensiero in merito è che quel marchio sia giusto. Non ci si può liberare di una colpa del genere tanto facilmente come togliersi la giacca.
Lo capite che è profondamente sbagliato? Perché io lo capisco, perfettamente, ma non riesco a farci nulla.
E' più o meno come affermare che chiunque uccida un uomo deve essere marchiato a vita. Un abominio quest'ultimo. Qual è la differenza che ci vedo io? La gravità della colpa nazista. Uccidere un uomo è una copla grave, infima, orribile, ma uccidere, brutalmente tanti uomini in virtù di un razzismo di fondo, umiliarli, schiacciarli, rinchiuderli in campi creati per loro, torturarli, considerarli come creature più infime di un topo, far parte di una macchina inumana e spregevole come quella nazista per me non è una colpa minimamente paragonabile alla prima.
E così sto dicendo che un uomo non vale 100 uomini? Non lo so.
Oddio i miei problemi morali aumentano.
Più che altro sto dicendo che sono le modalità, l'entità della macchina nazista a giustificare la diversità di orrore che i due reati, in linea teorica, mi fanno.
Quindi sto dicendo che c'è una differenza di legittimità tra morire di iniezione letale o lapidati sulla strada? Oddio, no.
La devo smettere di battibeccare con me stessa, è una stronza arrogante.

Io sto solo dicendo che partecipare alla macchina inumana nazista è orribile in modo indelebile.

Ammetto che il nazismo, insieme ai diritti gay e al razzismo, soprattutto contro la religione islamica, rientra tra gli argomenti di cui, con me, non si può parlare. Non valgono le opinioni, non vale essere di un alto avviso. Ma non è solo che sono presuntuosa, no. E' che non si può giustificare il nazismo in nessun modo, né facendo finta che non esista, né perché il popolo ebreo non ci piace; è che non si può pensare che esistano umani di serie A, perché eterosessuali, e umani di serie B, perché omo(bi o poli) sessuali; è che la Santaché mi perfora l'ulcera. Mi sento una fascista quando dico così, ma il fatto è che per me è amorale pensarla diversamente, è crudele, è inumano, è contro tutto quello che spero per il mondo.
Perché io spero per e nel mondo. Sono un'ingenua, mi dicono.
La roba assoluta è sembre sbagliata, diciamolo. Io chiamo questa roba assiomi morali, cose che dovrebbero essere scontate insomma.

La spada della mia Oscar mi ha deviato da bambina.

Tornado ai problemi morali sulla violenza, ma sarò brevissima, voi ci credete che il nazista che spegne una sigaretta su un pezzo di torta mi ha suscitato più "fastidio per la violenza" (voluto da Tarantino immagino) che il  sangue dello stesso nazista sparso, brutalmente, poco dopo? 
Ma certo che ci credete, una fetta di torta di strudel, con panna poi, vale molto più del sangue di un nazista.

Bastardi con gloria

Ad armi pari

banditore | 15.02.2013

Parlare di violenza con una donna è inconsueto, ma il tema è stato posto:
Trovo due categorie diverse, se pur connesse: violenza e sopraffazione. La seconda include la prima, ma non il contrario. La sopraffazione, d'altronde, è legge di natura: per mangiarsi bisogna sopraffare la preda, anche quando questa è una pianta (che - bisogna ricordare - è viva anche se non ci sembra solo perché si muove come l'orologio). La sopraffazione è dunque cosa buona e giusta perché necessaria in natura, ma abbiamo scelto di renderla immorale inserendola come aspetto negativo nel regolamento dei rapporti sociali. In realtà esiste eccome: ecco i diritti di alcuni essere maggiori e quelli di altri, insufficienti; ecco la Val Susa: chi sta sopraffacendo chi?
E invece, la violenza: si può farne a meno? Da come si comportò Dio e il suo tirapiedi Gabriele nel loro giardinone, si direbbe di no. Infatti, no: siamo costruiti apposta. Ma si può modulare, e lo fanno anche gli animali e perfino le piante (le pietre, non so). Violenza è confronto e ve ne sono varietà; una violenza ad armi pari è perfino utile alla formazione del carattere. Ci sono interessanti esperimenti coi topi e coi tipi (i tipi umani) al proposito.
Abolire la violenza è una padrepia illusione, ed intendo che lui era santo, ma gli facevano male le mani e il costato mica per niente: si menava nientemeno che col Diavolo in persona, tutte le sante notti. Ma se po' campa' accussì?
Certo.

Un saluto

R: Ad armi pari

LadyMarica | 15.02.2013

infatti qui non parliamo di violenza veramente (che so, di tecniche per affettare un polpaccio ad esempio), qui parliamo di morale, ragioniamo su qualche stereotipo e cose così. Quindi, anche se sono una donna, si può fare :)

Nietzsche ha scritto, a proposito della sopraffazione naturale qualcosa su agnelli e avvoltoi. I primi sono quelli che creano la morale perché, mangiati dagli avvoltoi, meno forti degli avvoltoi, hanno come unico mezzo quello di dirli cattivi. E io su questo sono d'accordo, la cattiveria è un'invenzione morale dei deboli, i forti, in generale, capiscono i motivi, anche di chi fa a loro sopraffazione. Ma lo sterminio ebreo con cattiveria e sopraffazione centra poco, secondo me. Quella è pura inumanità. I nazisti erano così deboli da dover reprimere, barbaramente, un popolo che li minacciava.

Detto questo, che magari è abbastanza inutile, il problema è che io non credo molto nemmeno alla vendetta. Ad armi pari, ecco.

Un saluto a te

R: R: Ad armi pari

banditore | 15.02.2013

Sì, la violenza è spesso modo reattivo alla propria inefficacia, alle frustrazioni ed in quei casi è particolarmente brutale; ai tedeschi è successo così e succede ancora ovunque, da noi per esempio: alla Lega bossiana, a Forza Nuova, ma anche a Giannino; oppure può essere strumento di azione "etica", come succede nelle rivoluzioni e pare accada con Grillo. In ogni caso non ci si muove senza incontrare una opposizione (oltre che un assenso di altri) e dall'opposizione scaturisce la violenza come mezzo per affermarsi. Normalmente, violentissimi sono i blog, dove il bisogno di affermazione si rivela e l'anonimato copre ogni maleducazione e indecenza.
La cattiveria: il punto debole della mia precedente è dove dico: "...abbiamo scelto di renderla immorale inserendola come aspetto negativo...", è debole perché non l'abbiamo "scelto": subiamo il comandamento naturale di non distruggere la specie con eccesso di violenza "intraspecifica", e dobbiamo equilibrarlo con un altro comandamento che impone a ciascuno di noi il tentativo di affermazione nel gruppo (serve ad avere possibilità di riprodursi). Perché equilibrio vi sia, occorre però essere capaci di diversificare i propri obbiettivi per raggiungere soddisfazione su più campi, diversamente può succedere di non accettare il proprio ruolo, vissuto come un fallimento bruciante. Questo rende cattivi.
Per questo motivo, non sono d'accordo con Nietzsche (e chi sono io per essere d'accordo con Egli, poi?): la cattiveria non è una invenzione, esiste ed è il sintomo socialmente pericoloso della monomania.

Annoiata abbastanza?
L'ho fatto apposta, per cattiveria.

R: R: R: Ad armi pari

LadyMarica | 15.02.2013

secondo me, se ho ben capito, siamo arrivati alla questione del post. Quindi la violenza ha gradi e sfumature? Quindi la violenza è più o meno giustificabile dal perché e dal buon senso? Quindi non tutta la violenza è totalmente condannabile?
E lascio il punto interrogativo perché io ancora non ne son convinta.

Nietzsche avrebbe apprezzato, credo, più il tuo non essere d'accordo che la mia moralità così fissa. Mi avrebbe detestato leggendo di assiomi morali, ma vabbe'.

Annoiata? Ma secondo te una che scrive un post del genere poi si annoia a parlarne? Per carità. L'importante è che mi si metta il dubbio.

R: R: R: R: Ad armi pari

banditore | 15.02.2013

Sì, sì, no (il tempo m'impone concisione).

Saluto a te ed a Nietzsche, quel vecchio matto.

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