e tu di Allen ne citi un altro ;) ma non so quanto consapevolmente. "Basta che funzioni", un film anche abbastanza recente (mi pare 2009, ma non son sicura). Meraviglioso secondo me e così esplicativo dei rapporti umani, sentimentali soprattutto, da spaventarmi. Lo hai visto? Temo ti piacerebbe.
Disgusto
Viaggio a picchi di nervosismo altissimi e non ci sono motivi. A parte le persone ovviamente. Mi sembra che lo squallore umano sia uscito col sole per prati e vicoletti. Che poi è la primavera vista dai cinici, probabilmente.
Stamattina, mentre già mi ero inacidita avendo aperto la porta a un tecnico fastweb antipatico fino alla nausea, ho degenerato lo sconforto in supplizio al supermercato.
In fila davanti a me c'era un signore, di 70 anni almeno, con una signorina molto giovane, molto magra e molto mora. Ho escluso, da brandelli di comunicazione, che fossero parenti o che lei lo aiutasse con la spesa e ho deciso per la classica storia squallida. Ma quello che mi ha profondamente disturbato non è tanto lo squallore della storia, né la banalità del tipo di squallore, quello che mi ha disturbata, tanto, è stata lei, la ragazza. Perché va bene che si decida per un rapporto sentimentale-economico, perché va bene che un uomo (o una donna) non vogliano dar retta al tempo che passi e lo mascherino della giovinezza del partner. Oppure non va bene niente di questo, ma non va bene personalmente, mica nelle scelte dei singoli, che, lo ricordo a me stessa in primis, sono liberi di far quel che vogliono di loro stessi.
E infatti non la discuto la scelta. Discuto il disgusto che mi ha provocato il comportamento di lei.
La scenetta è questa: lui le chiede che tipo di gomme da masticare lei preferisca. Lei gli getta uno sguardo di sufficienza e non gli risponde nemmeno. Allora lui si fa coraggio e domanda se vuole le gomme arancioni. Lei lo guarda, sempre male, e si volta dall'altra parte. Lui, un signorotto anche distinto e con gli occhiali si fa mesto e le si avvicina. Lei non lo degna di un sorrisetto nemmeno. Allora lui tira fuori il denaro per pagare la spesa, si aggira vicino alla cassa che quasi mette tristezza mentre guarda lei tirar fuori dal carrello una spesa strabordante, imperiosa, brutta. Verso la fine della scena tragica lei si volta verso di lui e gli dice, sempre con un gelo inumano di andarle a prendere qualche cavolo che non ho capito. Lui mestamente si muove verso la corsia gettando sguardi sulla coda alla cassa ma indubbiamente impossibilitato a dire di no alla sua mora. Lei si sistema i capelli e aspetta.
Lui paga, lei non prende nemmeno una busta. Escono insieme, ognuno molto solo.
Capisco che non si possano evincere molte verità da una scena presa così, di puro sguardo, al supermercato. Quindi togliete, voi che potete, dalla tara in questo racconto il mio aver lavorato di fantasia. Io che ho visto la scena con gli stessi occhi che ve la stanno raccontando, invece, non posso levarci nulla.
Sono tornata a casa chiedendomi se ci sia un età precisa per scegliere di conoscere la finzione e fingere che non sia finzione. Tutti probabilmente viviamo di qualche finzione. Non è questo il punto. Un conto però è vederla chiaramente come una finzione e accettarla lo stesso perché è comodo così, un altro conto è averne il sentore e, contemporaneamente la speranza che non sia così. Io, per fare esempi che conosco un po', vivo della finzione che un giorno sarò felicemente come le altre persone. Che togliendo quel chilo, finito quel libro, sposato quell'uomo io sarò le altre persone. So bene, a conti di razionalità, che è una finzione, uno scherma, un qualcosa che mi permette di sopravvivere a me stessa. Come per il signore è la sua mora giovane. Qualcosa che gli permette di sopravvivere. La differenza, se posso, è che la mia finzione è una speranza e quindi, come tale, io non l'ho ancora ben accettata come mera finzione, mentre lui, il signore, sa benissimo che quella è solo una bugia da raccontare all'esistenza e non finge più, nemmeno con se stesso, che non sia così.
Nemmeno a dirlo mi è venuto in mente “incontrerai l'uomo dei tuoi sogni” di Woody Allen e la triste scena del padre di famiglia, oramai anziano, che lascia la moglie, si mette con una prostituta molto bella e poi, per combinarci qualcosa, prende viagra.
La mia furia misantropa, con cui avevo, a quanto pare, zuccherato il mio caffé stamattina, è stata ampliata da commenti e post che ho letto campeggiare ovunque su internet stasera. Colpa di una stupidissima partita di pallone. Gggente che insulta gggente della squadra opposta. Uomini e donne lanciati in questo disordine mentale, donne e uomini inferociti a difendere i simboli, i colori, le prestazioni dei giocatori preferiti e la validità degli arbitraggi. Scene di ordinaria domenica immagino, ma essendo io romana durante il derby Roma-Lazio (due giorni l'anno di sconforto intellettivo completo) sento triplicare le voci e non posso ignorarle. Spero, prima o poi, si vergognino seriamente degli insulti, delle bieche minacce, di questo tifo senza senso.
Di solito dico che, se fossi dittatore a vita dell'Italia, come pure sarebbe giusto, proibirei il calcio e manderei questi tifosi inumani in scuole di rieducazione. Ma stasera non lo dico perché di solito, con una simile frase, tento di risultare simpatica, invece oggi sono disgustata, arrabbiata, sconfortata e non ho alcuna voglia di ispirare ilarità. Sperso solo si vergognino, ma veramente, come dovrebbero. Lo spero tristemente.
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Esperia | 10.04.2013
no! mi manca "Basta che funzioni", film di Allen...amo scrutare molto ciò che mi circonda----come te! magari poi ci ricamo sopra analizzando il come e il perchè ciao.. tagliamo qui! il discorso sulle fantasie visive:D
R: R: Esperia
Esperia | 09.04.2013
ho citato la nazionalità...xchè qui a Messina sono molti....e solo e dico solo le Polacche hanno attuato il loro piano.Dunque! non'è strano, vedere un novantenne cercare di baciare una P.......A che si abassa per tirargli sù la cerniera dei pantaloni:P