Capacità evocativa. Un'arte ed un talento.
Mi chiamo... di Aldo Nove
I libri sono una roba strana.
Uno ne può avere tanti da dover leggere, tanti donati, tanti prestati, tanti che aspettano lì da tantissimo tempo per essere letti, eppure non avere il bisogno di leggerne nessuno, nessuno dei tanti.
I libri sono una cosa strana.
Soprattutto per la gente stranissima che senza leggere non ci può stare per troppo tempo. Quando quella gente si dice, o dice ad altri, di non aver niente da leggere in realtà non dice la verità: ogni buon lettore ha, nelle sue librerie, almeno tanti libri che non ha ancora letto. Però non basta, per leggere, avere i libri.
I libri sono una cosa strana. I libri ti devono chiamare.
Oramai ci si innamora tanto più sull'internet che nella realtà. Perché è più facile. Più facile donare a quell'amore tutti i tratti, fantasiosi, che si vogliono. Aldo Nove mi ha innamorata così, sul web. E quindi ho cercato, con non troppa facilità, quel suo ultimo libro che mi stava chiamando. “Mi chiamo...” un racconto su Mia Martini, scritto da Aldo Nove che parla da Mia Martini di 120 pagine circa.
L'ho letto in meno di tre ore totali, metà in autobus e metà in una vasca da bagno.
La prima sensazione è stata una forte irritazione. Perché Aldo Nove ha una capacità incredibile, a dispetto di molti scrittori, contemporanei o meno, laureati in filosofia, per i quali esprimere qualcosa semplicemente equivale a banalizzarla, ha quella capacità, dicevo, Aldo Nove, di farti correre tra le sue parole.
Per uno dei lettori di cui cianciavo sopra, di quelli strani, correre tra le parole è faticoso. Sembra sempre che voglia scappare qualcosa tra tutte le bellezze esposte, sembra sempre di non afferrare tutte le sfumature possibili, di non godere di ogni associazione di quelle parole, di ogni colore, di ogni gioco. E' una forma di golosità da inferno diretto.
Una mostra di bellezze, tutte parole, questa, secondo me, è la definizione migliore per il romanzo del milanese Nove. Al di là della storia. La storia è interessante, toccante e coinvolgente ma questo è un tratto abbastanza comune delle storie che non sono spazzatura (e la spazzatura, chiaramente, non si legge). Il grande merito di Nove, secondo me, è quello di rendere la storia una bellezza estetica, di farla vedere bella e non solo di leggerla bella.
La storia è quella della cantante Domenica Berté, conosciuta come Mia Martini, bambina del sud, donna del sud, divisa tra tradizione e rivoluzione, vestita di nero, Hippy, strana, matta. E' la storia di una voce straordinaria, una voce che è voce più che donna, più che fama, più che cantante, più che persona. Lei è la sua voce, vuole esprimere con la voce, vuole cantare il vero, detto nella canzone, con la sua sola voce.
Ma il mondo della musica, dello spettacolo, della televisione e della discografia con una voce sola, anche se strordinaria, non ci fa molto. Assieme alla voce serve la cantante. E così Domenica Berté diventa Mia Martini, una costruzione, fatta ad arte, dai discografici. Una costruzione che deve funzionare visivamente, per la cronaca, per il mondo di luce. Ogni grande artista però è ombra, nella vita, nella anima, nel cuore ed è da quella ombra che la sua arte sprigiona tutta la luce possibile.
Poi succede qualcosa, una sfortuna, e Mia Martini viene additata come iettatrice. Portava sfiga. La sua voce bellissima era qualcosa di molto meno importante della sfiga che invece portava la sua persona. Inizia la solitudine, il dolore, la sofferenza.
Pagina meravigliosa quella in cui, nel romanzo del milanese Nove, Mia Martini racconta che, sola e disperata, riuscì a trovare un amico che le organizzò una cantata in una pizza. Prese il treno e andò all'appuntamento. Chiamò l'uomo che doveva andarla a prendere e quello le disse che sarebbe arrivato subito.
“Ho aspettato. Mezz'ora. Un'ora. Ho richiamato. Non rispondeva nessuno. Nessuno, nessuno.
Pioveva.
Pioveva tantissimo.
Ho pianto.”
La vedi. La pioggia, il telefono che suona libero, il nessuno. Vedi tutto.
E' merito della storia, è merito di come la si scrive, è merito della perfezione della punteggiatura.
I libri sono una cosa strana. Ti chiamano e se rispondi alla chiamata ti regalano un sacco di fiori. Tutti i fiorni che vuoi.